Sesta tappa: Vietnam
Il viaggio in pullman da Phnom Penh a Ho Chi Minh dura circa 8 ore, passaggio di frontiera incluso. Contro ogni previsione, tutto fila liscio come l’olio. Il controllo dei passaporti ci fa perdere solo una mezz’ora: si scende dal bus, si ritira il passaporto con timbro d’ingresso e si risale a bordo. Rapido e indolore. Fuori dal finestrino si alternano verdi distese, risaie, qualche villaggio e aree di sosta dotate di amache, sia in Cambogia che in Vietnam. Ma è entrando nella grande Ho Chi Minh che tutto cambia radicalmente: le campagne incontaminate vengono rimpiazzate da case strette e colorate, ammassate l’una sull’altra senza una logica, mentre sullo sfondo i grattacieli illuminati tagliano il cielo grigio cenere. Per le strade sfrecciano scooter che trasportano fino a cinque persone e lastre di vetro, quadri, ceste, scatole, lavatrici, scale e qualunque altra cosa necessiti essere trasportata. I moto-taxi sono anche i mezzi più utilizzati dai turisti: da qui in poi dobbiamo dimenticarci dei tuk tuk, padroni delle strade di Thailandia e Cambogia. Attraversare questo groviglio di suoni e colori cancella la stanchezza e ci mette di buonumore. Fortunatamente l’ultima fermata del pullman non è lontana dal nostro ostello: costeggiamo un grande mercato e in dieci minuti siamo a destinazione. L’alloggio non è affatto male.

Sotto ci sono le strisce
Mercati di cibo, traffico perenne, grandi palazzi e megastore del futuro si alternano a casupole che chissà come fanno a stare ancora in piedi: il paragone con Bangkok viene naturale. Ed è la metropoli vietnamita a vincere su quella thailandese: Ho Chi Minh ci sembra più vivibile, vivace, autentica e anche meno afosa. Nella vecchia Saigon non c’è granché da visitare, e comunque noi abbiamo un solo giorno a disposizione prima del prossimo trasferimento. Beviamo qualcosa nella vivace Bui Vien Street, la Kho San Road di Ho Chi Minh, che al calare del sole diventa pedonale per lasciare spazio a giovani, turisti, musica dal vivo, localini con tavoli e sedie per strada. Ci spingiamo fino alle rive del maestoso Saigon, dove la città mostra il suo lato più occidentale e una grande voglia di modernità.

Domani Trebbia.
Da Ho Chi Minh comincia il nostro viaggio lungo 13 giorni attraverso il Vietnam, da sud a nord. Ci spostiamo via terra, molto lentamente (dei nostri infiniti spostamenti vi racconteremo in un prossimo post!), e più ci avviciniamo al nord più ci accorgiamo di quanto questa terra sia meravigliosa. Le verdi colline che all’improvviso si tuffano nel blu del mare, le lingue di sabbia bianchissima, la natura selvaggia, i villaggi con i loro mercati, pagode e palazzi, le vie illuminate dalle lanterne e la gente per strada che mangia e cucina a ogni ora del giorno, trasformando le città in grandi ristoranti all’aperto. Il Vietnam è un paese che ti conquista in mille modi differenti.
Dopo la vivace Ho Chi Minh ci spostiamo a Nha Trang, la “Rimini” vietnamita, con tanto di parco divertimenti sull’isola di fronte. È una tappa sicuramente evitabile, ma obbligata se non si vuole prendere voli interni. Per qualche strano motivo, questa è la meta preferita dei Russi: a Nah Trang – e solo a Nah Trang – ne incontriamo tantissimi, tanto che anche i menu di bar e ristoranti sono scritti in russo. Ci godiamo una giornata sulle onde dell’oceano e ripartiamo per la bella Hoi An.

“Rimini”
Hoi An
La chiamano la Venezia del Vietnam. Anche se canali, gondole e turisti cinesi e giapponesi non le mancano, Hoi An ricorda solo vagamente la Serenissima. Il turismo è invadente, certo, ma la città è un vero gioiello che mantiene intatto tutto il suo fascino (almeno per ora): le case colorate, le luci rosse delle lanterne appese tra le vie strette, pagode e ponticelli, il tutto contornato dalle acque del fiume che riflettono ogni colore. Passeggiare per Hoi An è rilassante, piacevole: quando le vie principali sono troppo affollate, basta svoltare in quelle secondarie che subito cala il silenzio. Ed è qui che troviamo il nostro ristorante preferito, Mr Son, che in realtà non è altro che un tavolo di plastica all’aperto con cucina in bella vista. Il fatto che a gestirlo sia l’uomo più felice di tutto il Vietnam, ci fa apprezzare ancora di più il locale.
Hoi An si gira tranquillamente in bicicletta, e pedalando venti minuti tra le verdi risaie vietnamite si arriva alla bianchissima spiaggia di An Bang, dove le onde dell’oceano si scagliano con violenza a riva. Siccome la bici non ci bastava, per circa 5 dollari noleggiamo uno scooter piuttosto malandato e raggiungiamo l’Hai Van Pass, il leggendario Passo delle Nuvole. La strada per arrivarci è molto trafficata, un flusso continuo di clacson e motorini guidati come sempre senza regola alcuna. Ma una volta arrivati alle pendici della montagna, siamo solo noi e pochi altri viaggiatori a godere di questo panorama mozzafiato che si svela senza fretta, tornante dopo tornante. Immersi nel verde e con il mare ai nostri piedi, la sensazione è quella di essere su una ruota panoramica che non annoia mai.
Hue
Hue è la vecchia capitale del Vietnam. Ci restiamo un giorno solo, giusto il tempo di pedalare lungo la città imperiale e ricaricare le batterie. La cosa più bella di Hue è il bagno del nostro albergo: dopo quasi un mese di docce che non sono altro che un rubinetto posizionato in alto a caso, spesso a pochi centimetri dal water, per una volta abbiamo un intero box doccia – e addirittura in vetro. Non allagare l’intero bagno ci regala una gioia immensa.
Phong Na Ke Ban
In Vietnam ci accorgiamo che sono in pochi a conoscere Phong Na Ke Ban: tutti i viaggiatori che incontriamo non sanno nemmeno della sua esistenza. È un parco naturale vicino a Dong Hoi, una cittadina che non ha nulla da offrire ma che è la base perfetta per raggiungere Phong Nha-Ke Bang in scooter. Se mai vi capiterà di andare in Vietnam, non perdetevi questo paradiso nella giungla. Noi ce ne siamo innamorati.

La giungla. Fine.
Hanoi
L’unico spostamento che ci concediamo con volo interno è quello da Dong Hoi a Hanoi, l’ultima nostra tappa in Vietnam. Hanoi è una metropoli di quasi 8 milioni di abitanti che a tratti sembra un paese: il centro storico è un intreccio di banchi, ceste di frutta, mercati di carne e pesci, antiche botteghe che vendono qualunque cosa e tavolini dove la gente si siede, mangia e cucina ad ogni ora. C’è qualcosa di questa città che ci fa sentire un po’ a casa, o forse semplicemente ci siamo abituati al Vietnam e al suo meraviglioso caos. Ormai sappiamo anche attraversare la strada – sembra una cosa da poco, ma qui i semafori, e tantomeno le strisce pedonali, non vengono mai rispettate. La sola cosa da fare per non essere investiti e per non rimanere fermi a un incrocio le ore, è continuare a camminare dritti, sicuri, come se niente fosse. Solo così i motorini e le macchine saranno costretti a fermarsi.
Andiamo subito alla ricerca dei binari che attraversano la città vecchia, che scopriamo essere a due minuti a piedi dal nostro alloggio. Proviamo a chiedere informazioni sull’orario di passaggio del treno, ma è impossibile avere indicazioni precise in questo paese dove tutto sembra governato dal caso. C’è chi dice che passa ogni ora, chi dice che passa dopo pranzo, e qualcun altro ancora è convinto che passa solo la mattina presto e la sera tardi. La sensazione è che il treno sia una leggenda metropolitana, un segreto per pochi eletti come il magico binario 9 ¾ di Harry Potter. Per fortuna un pomeriggio, sono da poco passate le sette, sentiamo dalla nostra stanza il fischio del treno. Così il giorno dopo ci appostiamo sui binari per quell’ora e riusciamo a vedere il treno che passa, proprio a un palmo dal nostro naso, sfiorando le persone e le case ai suoi lati.

Viene prima il treno o le case?
Ad Hanoi non mancano gli alberghi lussuosi, le strade a più corsie, gli eleganti palazzi in stile coloniale e i negozi di alta moda (completamente deserti). Come in tutto il Vietnam, in città si respira una bella aria, la gente sembra vivere una vita serena e senza troppe preoccupazioni.
È con questa convinzione che lasciamo a malincuore il Vietnam e con esso un intero modo di vivere e vedere le cose, fatto di rumori assordanti, profumi inebrianti e quel piacevole caos che ci ha insegnato che forse, qualche volta, basta semplicemente vivere. Attraversare i tre principali stati del sud-est asiatico è stata un’esperienza meravigliosa fatta di sudore, magliette sporche, scooter malandati, viaggi notturni, contrattazioni sfrenate, spiagge paradisiache, città che non dormono mai e un milione di facce sempre sorridenti che non hanno mai smesso di farci sentire a casa.
Arrivederci a tutti voi.