Silenzio a Shirvanshah
Tempo fa era tutto più semplice: il palazzo degli Shirvanshah era spesso vuoto e poco importava se restava qualche foglia o carta fuori posto. Ora i turisti arrivano mattina e pomeriggio, invadono le mura, zompano da un punto all’altro come cavallette. Non smettono mai di parlare in tutte quelle lingue che non conosco. Ci provano pure a farmi delle domande, ma non so proprio come rispondere. Le loro voci stancano più del lavoro. Spesso sono pure nei piedi, con quella loro mania di fare fotografie.
Meno male che questo cortile è un po’ nascosto. Si passa per una scalinata stretta che non si nota facilmente. A quest’ora il sole è troppo forte per loro. Posso sedermi su questa panchina, guardare la fontana, prendere fiato e ombra.
Quando sento una voce, mi alzo, giro le spalle e mi faccio più stretta che posso. Appena vanno via torno a sedermi. Torna il silenzio.